Biografia dell’autore

 

Franco Fossi è un artista italiano nato a Empoli, in provincia di Firenze, nel 1955.

 

Negli anni in cui frequenta da studente l’Istituto Statale d’Arte di Porta Romana a Firenze inizia a sperimentare un’applicazione del disegno grafico quale modalità costruttiva di composizione, seguendo un'innovativa interpretazione del concetto di Universalità artistica. La sua ricerca, nata da una citazione di Giulio Carlo Argan[1] che Fossi riconduce alla riflessione teorica “nulla in nessun genere non viene dal nulla[2] e, per estensione, al principio “nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma” [3], ponendo l’accento sull’energia del medium segnico da decodificare, lo porta ad individuare nella Gioconda di Leonardo da Vinci l’icona dell’Arte oggetto di un continuo studio nel tempo, sino a concepire il DNA VISIVO[4].

 

Diplomatosi a pieni voti Maestro d’Arte e frequentando, parallelamente, il corso superiore di Industrial Design, la formazione di Fossi viene influenzata, a partire dal 1972 anche dalle variegate esperienze lavorative che, sin da giovanissimo, in qualità di graphic designer dell’équipe Pico[5] dell’agenzia pubblicitaria Leader di Firenze, lo vedono operare per conto di importanti aziende, sotto la guida del copywriter Gilberto Filippetti, uno dei creativi italiani più affermati dell’epoca. Molteplici sono i suoi contributi a storiche campagne pubblicitarie tra cui si ricordano Buitoni, Piaggio, Superpila, Balducci, Emilio Pucci, Bertolli, e per API, i prestigiosi marchi Parker, Ray-Ban e Asahi Pentax. In particolare, realizza i cartelloni pubblicitari dipinti a mano della compagnia aerea Itavia e installati negli aeroporti nazionali, il logo Ariston ideato nel 1973 e destinato al mercato olandese, il layout di stampa della campagna pubblicitaria “Le sardomobili” Piaggio, “Cugmi” di Eliolona, “I ragazzi a strisce blu” Buitoni, “Inaugurate Bonheur” Perugina, ed altre ancora.

 

In questo periodo matura il suo percorso di ricerca artistica pervenendo, nel 1974, alla sua prima creazione del DNA VISIVO della Gioconda di Leonardo da Vinci, che Fossi raffigura come un’effige segnica, un’impronta stilistica che inizia con le opere di Profilo Genesis, costituendo il modulo originario richiamante l’Unicità dell’Arte e che diverrà oggetto, nei successivi anni, di ulteriori studi e rinnovate applicazioni, originando opere definite, tra quelle contemporanee, quelle che assumono un carattere emblematico[6].

Io ero come ammaliato da Monna Lisa, l’opera più famosa di Leonardo: e fin qui, niente di straordinario - racconta Fossi - Con la Gioconda ci hanno provato tutti: Duchamp le ha messo i baffi, le parodie non si contano. Ma io ero come ipnotizzato da ciò che emana il silenzio del suo fondale, dalla linea del disegno, la linea del volto, il modo in cui procede, vira, ripiega, riprende… Allora ho cominciato a disegnarla e poi a svilupparla. Per rendermi conto di come funzionasse, prima di tutto, pensando a Leonardo da Vinci Docet. Così ho cominciato i miei disegni. Grafica, insomma.”[7]

 

Tra il 1974 e il 1975 fonda lo studio Fographis Design, seguendo autonomamente il processo creativo, dall’idea al risultato finale, di numerosissime creazioni grafiche con esecuzioni in fotomeccanica e nella realizzazione di clichés dedicati a policromi di stampa. L’utilizzo di mezzi di lavoro eterogenei e la personalità poliedrica dell’artista influenzano, parallelamente, il work in progress sul DNA VISIVO. Sono gli anni del percorso Monnalisiano denominato L’Origine oltre il visivo, in particolare con i cicli Monnalisiano Celato e DNA Visivo in cui rivisita a definire le origini del ’71 e la sapiente maestria nel padroneggiare le tecniche artistiche con applicazioni grafiche traspare in ogni creazione: nella capacità di scomposizione e ricomposizione del segno, nell’isolamento e accostamento dei colori primari, unitamente o disgiuntamente al bianco e al nero, conferendo alle sue opere un impatto visivo e una forza espressiva estremamente singolari. Si evidenzia, così, secondo il pensiero dell’artista, il principio secondo cui dall’Arte si dà origine all’Arte “nei più raziocinanti Studi per il DNA-Visivo della Gioconda di Franco Fossi (1971) dove la struttura è sottoposta ad alterazioni proporzionali e prospettiche come quelle immaginate cinque secoli prima da Dürer (del quale sono noti i debiti nei confronti di Leonardo), fino all’ipertrofismo del modulo facciale che sarà adottato anche da Botero”[8].

 

Ne sono esempi eclatanti “Codice Monnalisiano elaborato” (olio su tela - composizione di quattro tele, 1976), Riflessioni sospese” (olio su tela, 1977) e “DNA-VISIVO n.3” (olio su tela, 1978). In particolare, “Volutamente spersonalizza l’anima del ritratto che egli tramuta in icona di un femminile fondato sulla esteriorità e non più sul valore umano”[9] come emerge in “Tempo – Memoria, proiezione presente” (tecnica mista su tela, 1976) e “Tempo – Memoria, proiezione passato n.2 (tecnica mista su tela, 1976). Altrettanto significative sono, poi, le creazioni che appartengono al percorso Le carte monnalisiane di Fossi (1981-1983), rivisitazioni progettuali riflessive come si evince in “Mito/Alfabeto ‘Morse’ – Primigenio” (Tecnica mista su cartoncino, 1982)[10] elaborata a partire dal progetto del 1971 “Prima Sintesi Fotoiconografica monnalisiana” (tecnica mista su tela)[11] oppure in “DN/A Monnalisiano 19-83/ FF-Rosso” (Tecnica mista su cartoncino, 1983)[12] originatasi dall’opera “Tracce pulsionanti” (tecnica mista su tela, 1976) unitamente a “Tracce nascoste”, sempre del 1976.

 

Tra il 1983 e il 1984, concluso il percorso con la Fographis Design, inizia ad ampliare i suoi interessi nel settore della comunicazione passando dalla fotografia al video, ambito nel quale si specializzerà nel trentennio successivo in qualità di videoreporter e operatore televisivo di ripresa ENG Broadcast a livello nazionale per Rai e Mediaset, nonché di autore di corto e lungometraggi, oltre che di numerosi filmati aziendali nei comparti produttivi più variegati. Ancora, le esperienze lavorative offrono nuovi spunti all’artista, impegnato in un costante lavoro di ricerca sul DNA VISIVO. Nel 1992 in occasione di una collaborazione con il fotografo d’arte Aurelio Amendola – noto come “Il fotografo di Michelangelo” – filma le Cappelle Medicee di Michelangelo a Firenze. Per Fossi è la conferma di un’intuizione, avvenuta in precedenza, nel periodo che caratterizza i disegni preparatori per le sue opere plastiche: Michelangelo con le sue icone simboliche, dal David a Giuliano De Medici, costituisce un punto di partenza nella raffigurazione del DNA VISIVO che esplora lo Strumento michelangiolesco, indaga percorsi mai sondati per individuare e rendere riconoscibile il Codice. Nascono così i disegni del percorso Concetto per la rappresentazione del “Super Simbolo” nella concezione al DNA VISIVO.

 

Sia nel caso di Leonardo che in quello di Michelangelo ho sempre cercato di interpretare l’anima dell’artista – spiega Fossi – percependoli in modo diverso in base al mio personale sentire. In questo senso posso dire di aver interpretato il primo secondo una concezione più ‘celeste’ e il secondo, invece, in una dimensione più ‘terrestre’, che tocca l’apoteosi negli studi di ‘Azione Michelangiolesca’ in cui esploro, attraverso numerosi disegni, l’unione di Cavallo e Cavaliere sino ad arrivare ad un ‘nucleo’, quello dell’opera ‘Strumento Michelangiolesco/(In)-attesa’ del 1992, disegno preparatorio per scultura che raffigura l’effige segnica primordiale”.

 

La fervente attività artistica di Fossi conosce nuovi slanci anche grazie all’incontro, nei primi anni Novanta, con due grandi artisti del calibro di Igor Mitoraj e Venturino Venturi che lo incoraggiano a continuare ad esprimersi nella scultura, oltre che nella pittura e nell’applicazione di tecniche miste, in particolare il collage. In realtà, la peculiarità di Fossi è che modella, non scolpisce, seguendo il suo personale stile compositivo che è il tratto distintivo della sua esperienza artistica e lavorativa. Ed è proprio questo l’effetto che scaturisce dalle sue Opere Plastiche create dal 1993 al 2007: le prime modellate con la creta, mentre le successive - comprese quelle di grande formato –realizzate con la plastilina e in seguito riportate in gesso secondo il percorso di lavorazione della fusione a cera persa per le opere in bronzo e in alluminio. Un materiale, quest’ultimo, scelto per la praticità logistica della sua leggerezza e che si presta, per la sua proprietà di riflettere la luce pura, a rendere le creazioni di Fossi concettualmente più vicine a trasmettere l’Universalità dell’Arte.

 

Il fatto è che mi son detto: perché non sviluppare ancora la possibilità di questa linea continua?... E’ vero che mi hanno detto la stessa cosa (Igor Mitoraj e Venturino Venturini, ndr. ): non lasciar perdere, prova, continua. E così ho cominciato a modellare[13].

 

Parallelamente, nell’applicazione di tecniche miste su tela che caratterizza le opere de Le scrivanie dell’Angelo, Fossi individua nel nastro pvc-cristal, inteso come superficie vergine di scrittura per lui concettualmente vicina alla pellicola cinematografica ancora da impressionare, nuovi interessanti spunti creativi per la sua opera.

È come scrivere sull’Universo – commenta Fossi – e tali espressioni portano al DNA VISIVO scomposto in pixel, la linea continua si frammenta e si ricompone secondo nuovi linguaggi, ma senza dimenticare le origini”.

 

Così, opere come “Barre-Synesis Primordiale /Monoscopio test (tecnica mista-acrilico su tela juta, 2003) o “Formula (Super-) riflesso Synesis – Scrivania Morse (Partitura del Segno)” (tecnica mista-acrilico su tela juta, 2003) pur rievocando il segno primordiale di “Mappa Monnalisiana” (tecnica mista su tela, 1976) segnano un passo avanti, quasi futuristico, nella concezione del DNA VISIVO, che poi confluirà, in una modalità applicativa ancora più eclatante, ne Le Gioconde Monnalisiane di Fossi. In tali creazioni appare particolarmente tangibile l’influenza del vissuto dell’artista che, seguendo e ampliando il principio ispiratore che aveva portato all’ideazione de Le scrivanie dell’Angelo, ricorre a segmenti di pellicola magnetica Ampex 2,5 pollici utilizzata nelle produzioni televisive internazionali, proprio perché rappresentando quest’ultima lo strumento tecnico più evoluto in uso all’epoca nel settore di riferimento ben si coniuga con il suo intento compositivo. Infatti l’idea che sottende l’opera è quella di partire dall’immagine video de La Gioconda per una simbolizzazione del Codice cifrato che richiama alle più avanzate modalità espressive delle tecniche e dei materiali impiegati. “La visione percepibile – afferma Fossi - è nella serie di Multipli[14] (di cui ciascuno, in virtù di una diversità di lavorazione, costituisce un pezzo unico) intitolata DNA-codice messaggio/Monnalisiano nel palinsesto a tracce (formato A4 a tecnica mista)[15] per una simbolizzazione del Codice cifrato: l’idea sottende l’opera come ‘hyle’ [16] ossia partire dall’immagine video impressionata, cioè filmata de La Gioconda, che intimamente sta dentro la materia impressionata nel videotape, mentre visivamente si identifica l’effige del codice con la grafica in superficie, ossia sopra la materia utilizzata”.

 

Tale approccio concettuale è trasferito dall’artista anche nella titolazione di queste creazioni, alimentato dal desiderio di estendere la simbologia cifrata all’intera opera d’arte, come si può osservare, in particolare, nelle serie derivate da “DNA - Codice messaggio” (tecnica mista, 2009), e poi successivamente nelle numerose opere della serie Le cartoline monnalisiane/Stringhe -: test battitura in cui il codice si fa scrittura e si fonde con l’icona-simbolo e le Gioconde Monnalisiane, di cui un apprezzabile esempio si trova in “String D1, 2014 Modalità di Accesso al DNA_Visivo della Gioconda (D1/STRINGHE______Test Battitura).

(tecnica mista e collage su cartoncino applicato su tavola, cm 10x15)[17].                


Sempre all’inizio del 2000, sondando anche le possibilità del codice alfa numerico, crea le opere che costituiscono il percorso de Le partiture Uchu nelle quali si manifesta il tentativo dell’artista di partire dal caos per tornare all’origine, da Concatenato (DNA) 1- Acceleratore Tempo-Viaggio” (tecnica mista – forex allumina su forex/pvc, 2005) a “SP(A)zio Zero (jx – L3) Arretrato Tempo-Viaggio (time hole) (tecnica mista – forex allumina su forex/pvc, 2006).

Per dirla con Meneghelli, “Operazione, la sua, che ha un ‘input’ di origine scientifica, che si capovolge però immediatamente in processo poetico[18].

Ne costituisce un altro emblematico esempio il lavoro realizzato in occasione di BAU 12 Leo Ex Machina  [19] dal titolo: ARCHEO  Rend_Leonardesco (tecnica mista, 2014).

                                            L U C ∃  


L’opera, che trae ispirazione dall’idea visiva della Camera degli Specchi di Leonardo, è stata creata a partire dal progetto del 1999-2000 “Archeo Luce. L’arca perduta” (Scultura in alluminio)[20] ed è caratterizzata da una sequenza di inquadrature della medesima che si pongono come un render. Adottando la visione della camera degli specchi ottagonale di Leonardo, si susseguono i fotogrammi che ritraggono l’Arca ripresa secondo diverse prospettive, come se fossero molteplici riflessi di specchi, alludendo concettualmente ad una variazione nel tempo e nello spazio attraverso la progressione di immagini riflesse. Partendo dall’idea che ogni inquadratura in sequenza corrisponde ad un determinato spazio temporale, l’artista ha scelto di caratterizzare ulteriormente l’opera configurandola come bozzetto di scheda perforata - intesa come primo supporto di registrazione in grado di trattenere e rilasciare informazioni - allo scopo di presentarla quale forma primordiale di render. Neppure la scelta del progetto di partenza è casuale, poiché l’Arca perduta rappresenta, in quanto relitto, il punto Zero, un elemento primordiale che però, emettendo attraverso il suo faro luce propria ed essendo inserito nella camera a specchi di Archeo Luce, riflette inquadrature molteplici di sé come idea visiva di viaggio temporale.

 

È la linea che parla, che si dipana, che si evolve – conclude Fossi – condotta dalla mano dell’artista, il segno che alla fine completamente dipanato diventa linea continua e tocca lo spazio Zero. L’origine, appunto, da cui ripartire per nuove interpretazioni possibili”.

 

Le sue opere sono entrate a far parte di varie raccolte qualificate, dall’Archivio Carlo Palli di Prato alla Fondazione di Rossana e Carlo Pedretti (direttore dell’Armand Hammer Center for Leonardo Studies dell’Università della California), all’archivio del Museo Ideale Leonardo da Vinci.

Rare le sue collettive e mostre, tra le quali si citano: una collettiva nel 2004 alla Fornace Pasquinucci di Capraia Fiorentina con “I grandi maestri dell’Astrattismo” (sesta edizione) a cui partecipa con una selezione di opere; a seguire, la personale nel 2006 dal titolo ”Sotto il segno della Gioconda” alla galleria Ghelfi in piazza Erbe a Verona; la collettiva nel 2008 in occasione della “Settimana dell’Arte Santa Giusta” in località Castadas a Cagliari; successivamente, una personale nell’ambito dell’esposizione “Jaconde. Da Monna Lisa alla Gioconda Nuda” allestita nel 2009 presso il Museo Ideale Leonardo da Vinci; nel 2010 alcune sue opere sono state esposte al SACI (Studio Art Center International) di Firenze e, a seguire, le collettive tenutesi in occasione di mostre dedicate a Leonardo da Vinci presso il Museo del Castello e della città di Piombino, il Torrione-Museo nella città Margherita di Savoia, il Palazzo Granafei Nervegna di Brindisi e il Castello Aragonese di Otranto, oltre che all'estero da Miami (U.S.A) a Kahosiung e Taipei (Taiwan) e ad Amboise (Francia) [21] .

 

Delle avanguardie, Fossi “è l’artefice che ha dato un contributo straordinario alla ‘Giocondologiacon le interpretazioni senza fine della sua formula del DNA visivo[22] e, con la sua forza di un’idea visiva, ha permeato negli anni mostre itineranti nazionali e internazionali, oltre ad una serie di eventi negli Stati Uniti e in Giappone promossi, tra gli altri, dal Museo ideale Leonardo da Vinci.

 

Il DNA VISIVO rappresenta, quindi, la sintesi di un'innovativa metodologia di indagine, un’opera di interesse artistico che è valsa a Franco Fossi, artista schivo che ha preferito coltivare per anni la sua appassionata ricerca in silenzio e lontano dalle luci della ribalta, importanti esegesi critiche[23], di riconoscimento e apprezzamento della sua singolare arte.

 

 

Note biografiche

[1] G.C. Argan “La forza nell’Arte sta nel colpire con interesse un punto nel passato e nel simboleggiarlo nell’Arte come una progettualità infinita”- appunti liberamente tratti da una conferenza pubblica.

[2] M. Quatremère De Quincy, Encyclopèdie Méthodique-Architecture, III° Vol, Parigi 1788, 1825.

[3] Antoine-Laurent de Lavoisier - Legge della conservazione della massa. 

[4] Per approfondimenti vedi la relativa voce in Wikipedia, “DNA Visivo”.

[5] L’équipe era il gruppo di lavoro dei graphic designers il cui nome traeva origine dal fondatore dell’Agenzia, Pierfrancesco Tamburini (detto Pico).

[6] “Nuda alla meta” di Alessandro Vezzosi, in L’Osservatore Romano, 11 febbraio 2011.

[7] “Conversazione di Marco Hagge con Franco Fossi” in “Franco Fossi” a cura di Francesco Butturini. Ed. D’arte Ghelfi Verona, 2004.

[8] “Il Mito del Mito: la Gioconda di Leonardo” in “Leonardo Da Vinci, 1452-1519. Il disegno del mondo” a cura di Pietro C. Marani e Maria Teresa Fiorio. Edizioni SKIRA.

[9] Vera Meneguzzo “Il mistero della Gioconda. Alla ricerca di una aspetto inedito: l’inafferrabile dna” da “L’Arena” n.37 del 5 giugno 2006 – Cultura Veronese.

[10] Il quadro ha fatto parte della mostra “La Monna Lisa Collection”, una mostra itinerante all’interno dei musei di tutto il mondo, da New York a Montecarlo, da Il Cairo a New Delhi. In qualità di esempio delle ricerche di Fossi, è stato inoltre esposto al SACI (Studio Art Center International) di Firenze.

[11] “La Gioconda nuda. Una mostra a Vinci” in Donna Moderna 16 Giugno 2009. Arnoldo Mondadori Editore.

[12] Il quadro ha fatto parte della mostra “La Monna Lisa Collection”, una mostra itinerante all’interno dei musei di tutto il mondo, da New York a Montecarlo, da Il Cairo a New Delhi. In qualità di esempio delle ricerche di Fossi, è stato inoltre esposto al SACI (Studio Art Center International) di Firenze.

[13] “Conversazione di Marco Hagge con Franco Fossi” ” in “Franco Fossi” a cura di Francesco Butturini. Ed. D’arte Ghelfi Verona, 2004.

[14] La serie è stata appositamente creata per l’inserimento in “BAU 7. Contenitore di cultura contemporanea”, aperiodico in edizione limitata di 150 copie prodotto dall’Associazione Culturale no profit BAU di Viareggio. Esso contiene opere di autori italiani e internazionali che riassumono i risultati delle ricerche e delle sperimentazioni in corso nei più diversi linguaggi contemporanei. Il contenitore è presente in numerosi archivi, collezioni e musei italiani ed esteri tra cui: Biblioteca Nazionale (Firenze), Museo d’Arte delle Generazioni del 900 (Cento, Bologna), Centro per l’Arte Contemporanea “A.L. Pecci” (Prato), MACRO (Roma), Collezione Davide Mengoli (Londra), Istituto Italiano di Cultura (Vienna), Getty Research (Los Angeles) e molti altri.

[15] “Vinci e Leonardo” N.6 Novembre-Dicembre 2013 Ed. Strumenti – Memoria del Territorio.

[16] Intesa come “materia.. sostanza che trattiene in sé ogni forma” in “Franco Fossi. Studi del primigenio seme 1972-1990. L’Origine oltre il visivo” a cura di Luigi Meneghelli. Ed. D’arte Ghelfi Verona, 2006.

[17] Archivio Carlo Palli-Prato. “Vitamine. Tavolette energetiche” a cura di Laura Monaldi. Edizioni Polistampa.

[18] “Franco Fossi. Studi del primigenio seme 1972-1990. L’Origine oltre il visivo” a cura di Luigi Meneghelli. Ed. D’arte Ghelfi Verona, 2006.

[19] “BAU 12. Contenitore di Cultura Contemporanea”, è il numero 12 dell’aperiodico in edizione limitata prodotto dall’Associazione Culturale no profit BAU di Viareggio. La pubblicazione vede la partecipazione di 65 artisti internazionali chiamati ad ideare, muovendosi tra funzionalità e immaginazione, nuove “macchine leonardesche” ispirate al mito e alla contemporaneità di Leonardo Da Vinci. Già approdata in numerosi musei, biblioteche e collezioni internazionali, dal Mart di Rovereto alla Tate Modern Library di Londra, BAU Contenitore di Cultura Contemporanea è una delle più originali e significative pubblicazioni d’artista attive oggi in Italia, è prodotta in tiratura limitata di 150 copie con contributi originali numerati e firmati di molti artisti internazionali.

[20] Op.22 “Archeo Luce. L’arca perduta” v. foto del prototipo in gesso in “Franco Fossi” a cura di Francesco Butturini. Ed. D’arte Ghelfi Verona, 2004.

[21] “Du Clos Lucé au Louvre, le trois chefs-d'oeuvre de Léonard De Vinci - 2016/2019 Célebration du 500° anniversaire des années Léonard De Vinci au château du Clos Lucé, sa dernière demeure à Amboise ”  Editions Du Clos Lucé - Amboise (France).

[22] Archivio Leonardismi – “La forza di un’idea visiva” di Alessandro Vezzosi, Direttore del Museo Ideale di Vinci.

[23] Vittorio Sgarbi “I Giudizi di Sgarbi. 99 artisti dai cataloghi d’arte moderna e dintorni”. Curato da Elede di Paolo Levi, Torino. Collana Cataloghi D’Arte della Editoriale Giorgio Mondadori, 2005. Pag. 86, 87, 219;

Studi del primigenio seme 1972-1990, L’Origine oltre il visivo, “Franco Fossi” a cura di Luigi Meneghelli, Ed.     D’Arte Ghelfi, Verona, 2006