“Leonardo da Vinci – spiega Franco Fossi - rivela nel ritratto della Gioconda l’anima incantatrice che segna la via che conduce noi contemporanei a pensare ad un concetto di scienza futuribile: l’immensa figura del Genio che si esprime nell’opera probabilmente più famosa del mondo rappresenta un’epoca nella storia dell’arte e dell’uomo”.
E’ nella valenza simbolica della figura della Gioconda di Leonardo che trova dunque origine lo studio artistico di Fossi. In un complesso processo di elaborazione grafica, egli raffigura un elemento di riconoscibilità e unicità dell’arte identificandolo in un modulo corrispondente ad una forma-simbolo creata nel 1974 come effige segnica: il DNA Visivo della Gioconda.
Fossi ravvisa in tale principio una sorta di essenza dello spirito creativo del genio di Vinci che trovò applicazione nei settori più disparati, dall’arte alla scienza, dall’ingegneria alla fisica.
Leonardo da Vinci scrisse: “Coloro che si dedicano alla pratica (artistica) senza scienza sono come marinai che vanno in mare senza timone o bussola, e che non possono mai sapere dove stanno andando”.
Ed è proprio la potente mente di Leonardo, la sua capacità intuitiva di precorrere i tempi con il suo genio creativo che comunque ha sempre un fondamento scientifico, a colpire un giovane Fossi ispirando in lui un percorso immaginativo-astraente iniziato nei primi anni ‘70 con disegni che incentrano il segno sulla silhouette della Gioconda e intimamente verso il suo nucleo interno, ossia verso quello che l’artista intende identificare quale essenza dello spirito mentale –intuitivo di Leonardo.
Un processo creativo, quello di Fossi, che nella sua fase iniziale si richiama alla pop art e che viene ben descritto dal critico d’arte Luigi Meneghelli: “[egli n.d.r.] compie un’operazione opposta a quella di Andy Warhol, che replica per decine di volte lo stesso soggetto (Liz Taylor, Marylin, Elvis o Mao che sia): infatti e mentre l’artista americano, prima preleva le sue immagini dal codice della pubblicità e poi le tratta esattamente secondo i canoni pubblicitari (cioè risponde all’invasione dell’apparente con la sua duplicazione, la sua generalizzazione, replica all’artificio con un iper-artificio), Fossi pare invece voler regredire dallo stereotipo al prototipo, quasi penetrandolo o isolandone (e riquadrandone) graficamente delle porzioni, delle congetture formali, dei frammenti iconici. E’ la mano che interviene, che traccia, che saggia l’inafferrabile struttura del mitico quadro leonardesco.” [1]
E’ quello che Fossi chiama “mente intuitiva” ad influire sulla sua poetica artistica e a trasportarlo, fin dall’inizio, a comporre il “futuribile” nelle sue opere, in un ideale collegamento che trae ispirazione dall’inventiva leonardesca.
Come precisa Alessandro Vezzosi, direttore del Museo Ideale Leonardo da Vinci: “ (. . .) si tratta di un’intuizione originale, innovativa e anticipatrice” e poiché l’opera d’arte è fatta di segni in quanto elementi di riconoscibilità, “la ricerca di un “DNA-visivo” è fondamentale come codice espressivo e generativo che trasforma l'immagine- simbolo della Gioconda in alfabeto arcano di “moduli” nuclei, atomi, microchip, pixel, che s’intrecciano all’infinito, in una continuità rituale e creativa, astraente, fino alla clonazione in variazioni di morfogenesi”.[2]
Una ricerca, quella compiuta negli anni da Franco Fossi sul DNA Visivo, che si caratterizza come una sorta di work in progress attraverso varie modalità di espressione artistica, dando vita ad opere di collage, pittura e scultura.
“Se questo scultore si rifà in parte a stilemi surrealistici – osserva Vittorio Sgarbi [3] - tuttavia la sua scultura è più precisamente riferibile agli accenti metafisici delle sperimentazioni pittoriche e scultoree del primo Novecento. Di quel momento storico egli effettua la rivisitazione attraverso una riflessione colta e motivata, in seguito alla quale utilizza grovigli segnici e allusioni mitologiche per raccontare un’alienità oggettivata, nei cui confronti gioca con intelligenza una sorta di sfida.”
Lo stesso Fossi, descrivendo la sua ricerca artistica, afferma che la silhouette strutturale del DNA Visivo “è frutto di un’astraente intreccio combinato fra arte e scienza che a sua volta dà vita a codici compositivi di un linguaggio originato dal dipinto forse più famoso al mondo, La Gioconda”.
L’autore, interpretando secondo la sua personale sensibilità artistica lo spirito creativo di Leonardo, con il suo continuo work in progress sul DNA Visivo arriva a prefigurare il “futuribile” cosmico universale generando anche un nucleo dell’interiore. Ha così origine la poetica di un percorso denominato “monnalisiano”, innovativa formula di un linguaggio che, nella visione dell’artista, vuole trasmettere attraverso le sue opere l’equilibrio armonico interiore proiettato verso quell’infinito di cui lo stesso Leonardo, con le sue scoperte, è stato il precursore.
La poetica di Fossi, ispirandosi ai capolavori dell’arte quali ad esempio la Gioconda di Leonardo e il David di Michelangelo, che egli soprannomina “Figure del Noto” - riferendosi al fatto che esse sono universalmente note e che tali resteranno nel futuro – diviene quindi un linguaggio da decifrare, tradurre e interpretare in forma di creazione pura. In quanto tale è una poetica che, attraverso una ricerca artistica dagli Settanta ad oggi e a titolo di esempio citando concettualmente l’iconico taglio del caposcuola dello spazialismo Lucio Fontana, apre una sorta di finestra osservativa interpretata da Fossi come una “fenditura spaziale” che vuole attraverso la mente intuitiva di leonardiana memoria (con riferimento al percorso “monnalisiano”) proiettare le sue opere verso il futuribile.
La scienza, con particolare riferimento agli schemi geometrici quali ad esempio i frattali, ad oggi è un punto di riferimento per Fossi nel descrivere, attraverso le nuove opere, il suo concetto di spazio-tempo infinito applicato all’arte. A partire da alcune intuizioni anticipate nella ricerca del DNA Visivo, nel suo work in progress l’artista si orienta verso la scienza Quantistica che in quanto tale egli ritrova ovunque in natura e nell’Universo interpretandola come una dimensione fisica non del corpo bensì della mente.
Per Fossi, l’intelletto umano va oltre e al di là della dimensione fisica, mantenendo la sua originalità e senza alcuna possibilità di essere duplicata tale e quale. Da qui i suoi studi più recenti sul DNA Visivo e sul concetto della clonazione, per cui pur partendo da un elemento originario quale l’effige segnica da lui individuata non sarà mai uguale a se stesso ma sarà riflesso della propria visione spaziale-culturale. Per Fossi, quello che egli identifica come intuito-mentale è “astraente” e non sarà mai rintracciabile sul medesimo clone. Per questo il suo linguaggio artistico va decifrato insieme e non disgiunto rispetto al titolo delle sue opere, come una sorta di “messaggio verbale” dell’opera stessa, un concetto astraente, appunto, “dal testo al contesto”.
Ne sono un eclatante esempio le “Carte Monnalisiane”, in cui il titolo di ciascuna opera – al pari di tutte le creazioni di Fossi - è una finestra determinante per comunicarne il significato, come una formula: la sua costruzione si concretizza in una sintesi che va a riallacciarsi al filo logico di una precedente opera già conclusa.
Questo processo artistico poetico-evolutivo che connota tutte le opere di Fossi come metodologia creativa del DNA Visivo viene ben descritto da Vittorio Sgarbi con esclusivo riferimento alle opere plastiche: “Se si può parlare di sperimentalismo, va detto che non si tratta qui di un’esercitazione autoreferenziale, bensì della conseguenza di un continuo ripensamento espressivo, o della ripresa consequenziale di una riflessione maturata e approfondita nel corso di tappe successive. In ogni sua scultura l’artista riannoda il filo di un discorso precedente affinandone il senso, e traducendolo in nuove forme sintattiche (...). Ognuna di queste sculture è dunque un congegno intelligente che, pur nella devastazione della forma, materializza gli incubi di una realtà leggibile come un reperto archeologico a futura memoria”. [4]
NOTE
1].“Franco Fossi. Studi del primigenio seme 1972-1990. L’origine oltre il visivo” a cura di Luigi Meneghelli. Ed. D’arte Guelfi – Verona 2006. Cit. dal paragrafo 2.
2].“Joconde. Da Monnalisa alla Gioconda nuda”. Museo Ideale Leonardo Da Vinci. Edizione ADARTE 2009
3].Vittorio Sgarbi “Le scelte di Sgarbi” – Ed. Giorgio Mondadori – Milano 2004
4].Vittorio Sgarbi “Le scelte di Sgarbi” – Ed. Giorgio Mondadori – Milano 2004